L’industria della consulenza finanziaria, nell’era FinTech, sta subendo una trasformazione significativa grazie al contributo della tecnologia, dell’automazione e dell’intelligenza artificiale (AI). Il fenomeno del robo advisory (o robo advice) si sta affermando come una soluzione innovativa nel campo della gestione del patrimonio mobiliare e delle raccomandazioni di investimento. Questo approccio combina l’AI con algoritmi avanzati per fornire consulenza finanziaria personalizzata senza la necessità di un consulente umano tradizionale o con un limitato intervento umano. L’algoritmo non solo correla il profilo di rischio attribuito all’investitore con le informazioni finanziarie raccolte in sede di profilatura ma rilascia, attraverso un sistema automatizzato, la raccomandazione di investimento (output).
Il presente paper vuole esaminare brevemente il panorama attuale di tale innovazione, analizzando il suo possibile impatto sull’industria finanziaria e sulla disciplina applicabile con particolare attenzione ai temi della personalizzazione della raccomandazione consulenziale, della tutela degli investitori e dei presidi organizzativi gravanti sugli intermediari.
Questa modalità di prestazione del servizio di consulenza favorisce, infatti, almeno secondo il refrain dominante, la democratizzazione nell’accesso agli investimenti, la riduzione dei costi di consulenza e il miglioramento dell’efficienza complessiva del servizio, ma non risulta altrettanto chiaro quale sia la disciplina alla stessa applicabile e, soprattutto, se questa disciplina presenti tratti di specialità rispetto a quelli propri della consulenza finanziaria tradizionale. L’analisi vuole fornire una comprensione delle dinamiche in gioco nell’evoluzione normativa della consulenza finanziaria, delineando le implicazioni per gli operatori del settore, i regolatori e gli investitori stessi.
Decollo della robo advice
Negli ultimi anni il settore FinTech ha vissuto una espansione senza precedenti, trasformando profondamente il modo in cui gli individui e le imprese gestiscono le proprie finanze ed i propri investimenti. Un segmento particolarmente interessante di questo fenomeno è, appunto, quello della consulenza finanziaria automatizzata, ossia, come la definisce l’Esma, “la fornitura di servizi di consulenza in materia di investimenti attraverso un sistema automatizzato o semiautomatizzato utilizzato come strumento a contatto con la clientela”(1).
Questa utilizza algoritmi avanzati e intelligenza artificiale per fornire raccomandazioni di investimento, rendendo i servizi finanziari più accessibili ed efficienti.
A livello globale, la robo advice ha visto una crescita esplosiva secondo quanto evidenziato da un rapporto di Statista (2) in cui emerge che il patrimonio gestito dalle piattaforme di robo advisor è passato da circa 200 miliardi di dollari Usa nel 2017 a oltre 1.2 trilioni di dollari Usa nel 2022, con una previsione di raggiungere i 532,2 miliardi di dollari Usa (+ 29,53 %) tra il 2024 e il 2028. Dopo il nono anno di crescita, si stima che l’indicatore raggiungerà i 2,3 trilioni di dollari Usa.
I principali mercati per questi servizi includono gli Stati Uniti, l’Europa e l’Asia, con aziende leader come Betterment, Wealthfront e Nutmeg che stanno definendo il settore dove, invece, l’Italia si trova indietro con l’adozione dei robo advisor e un mercato di piccole dimensioni, nonostante l’interesse crescente. Un rapporto di PwC (3) ha rilevato che nel 2021 il patrimonio gestito dai robo advisor in Italia era inferiore ai 5 miliardi di euro, una cifra modesta se confrontata con altri paesi europei come il Regno Unito e la Germania. L’adozione e l’utilizzo dei robo advisor varia significativamente tra i diversi paesi ma accelera uniformemente dopo la pandemia di COVID-19 poiché molti investitori hanno cercato modalità digitali per gestire i propri risparmi in un periodo di incertezza economica (4). Negli Stati Uniti, ad esempio, una percentuale crescente della popolazione utilizza questi servizi per la gestione dei propri investimenti e la pianificazione finanziaria. Questo è in parte dovuto alla forte cultura dell’innovazione tecnologica e alla familiarità con i servizi online. In Europa, il Regno Unito è in testa, con un’adozione diffusa grazie a una regolamentazione favorevole e a una popolazione che è aperta all’uso di nuove tecnologie finanziarie. Secondo un sondaggio di Banca d’Italia (5), nel panorama italiano solo una piccola frazione di popolazione utilizza attualmente i robo advisor perché è presente una netta preferenza verso la consulenza finanziaria tradizionale, spesso a causa di una mancanza di fiducia nelle tecnologie automatizzate e di una minore alfabetizzazione finanziaria digitale. Inoltre, la ricchezza delle famiglie italiane è costituita principalmente da immobili che pesano per il 47,6% sulla ricchezza totale al netto dei debiti dove il dato cresce fino al 75% nel 50% più povero della popolazione e scende al 33% nel 10% più ricco. Questo riduce la disponibilità economica verso gli investimenti, dove azioni, obbligazioni e fondi comuni occupano l’11,6% sulla ricchezza totale. Nonostante che in Italia il processo sia più lento, ABI (6) segnala che il valore degli asset gestiti dai robo advisor è cresciuto del 35% negli ultimi due anni fino a 5 miliardi di euro. Tale crescita è stata alimentata anche grazie all’integrazione dei robo advisor nei servizi bancari tradizionali dei più grandi player bancari italiani attraverso partnership o soluzioni proprietarie che aumentano la fiducia degli investitori. La regolamentazione della robo advice non trova, invece, una regolamentazione unitaria, in ragione del fatto che in ogni paese il fenomeno ha avuto uno sviluppo eterogeneo e una crescita a diverse velocità, variando significativamente a livello globale. Negli Stati Uniti, la SEC ha stabilito già da qualche tempo delle linee guida per la gestione e l’operatività dei robo advisor, assicurando che questi servizi operino in modo trasparente e protettivo per gli investitori (7).
L’Unione Europea, attraverso l’Esma (8), ha adottato un approccio simile, con regolamentazioni che favoriscono la protezione degli investitori e l’innovazione responsabile.
In Italia, la regolamentazione dei robo advisor non presenta tratti di novità rispetto alla normativa applicabile alla consulenza finanziaria MiFID tradizionale, ma, come si vedrà, in attuazione di citati Orientamenti dell’Esma, introduce tratti di specialità legati alle peculiarità del fenomeno in grado di bilanciare l’innovazione con la protezione degli investitori. Tuttavia, il processo è lento sia per la complessità del sistema normativo italiano e la necessità di coordinare le iniziative tra diversi enti regolatori che possono scoraggiare l’innovazione e rendere difficile per le nuove piattaforme FinTech l’ingresso nel mercato, sia perché l’ecosistema FinTech italiano è ancora in fase di sviluppo, con meno investimenti e supporto rispetto a mercati più maturi (9) come gli Stati Uniti e il Regno Unito.
Le differenze culturali e normative influenzano il ritmo di adozione del servizio: la cultura finanziaria italiana è tradizionalmente conservatrice, con una forte preferenza per la consulenza “faccia a faccia” e una diffidenza verso le tecnologie automatizzate.
McKinsey (10) afferma che la familiarità con le nuove tecnologie finanziarie insita nella popolazione è essenziale per far decollare una piattaforma di robo advice e la capacità di adattarsi alla digitalizzazione permette di rimanere competitivi sul mercato globale per le aziende di wealth management. L’Italia sta ancora cercando di colmare il divario con i mercati più avanzati con l’obiettivo di garantire il giusto supporto regolamentare a tutela dell’investitore e un maggiore investimento nell’alfabetizzazione finanziaria digitale, mirando ad una crescita significativa in questo settore negli anni a venire.
Standardizzazione vs personalizzazione
Il requisito della personalizzazione – che, come è noto, secondo MiFID II costituisce un elemento essenziale della consulenza finanziaria – quando applicato alla robo advice, rappresenta una sfida significativa per la natura automatizzata e in parte standardizzata del servizio offerto.
La prestazione di raccomandazioni ad un cliente, come si sa, deve essere personalizzata e deve tener conto delle caratteristiche personali del cliente: è quindi indispensabile che sussista una relazione diretta tra il consulente ed il cliente e la raccomandazione deve essere presentata come adatta per il cliente o basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente (art. 9, co. 1, Reg. Delegato UE 2014/565).
Nel contesto della robo advice, l’automazione può limitare la capacità di fornire consulenza personalizzata perché gli algoritmi tendono a basarsi su modelli standardizzati per l’allocazione degli investimenti e la gestione del portafoglio, non tenendo conto delle sfumature individuali dei clienti come gli obiettivi di lungo termine, la situazione finanziaria completa o le preferenze specifiche di rischio. La percezione che la robo advice sia standardizzata deriva dall’efficienza e dalla scalabilità degli algoritmi che li rendono in grado di fornire raccomandazioni di investimento dietro uno schema che si basa sull’accesso a grandi quantità di dati. Grazie a questa modalità di lavoro degli algoritmi, è possibile ridurre i costi offrendo un servizio capace di garantire convenienza economica su grandi masse, rischiando però di annacquare il requisito della personalizzazione. Inoltre, anche la comunicazione e il marketing delle piattaforme spesso enfatizzano la facilità d’uso contribuendo a una percezione di standardizzazione tra il pubblico.
Di fronte a questi limiti, per soddisfare il requisito di personalizzazione richiesto da MiFID II, le piattaforme di robo advice sono comunque tenute a svolgere una raccolta informativa dettagliata e accurata presso i clienti e a costruire algoritmi in grado di adattare le raccomandazioni di investimento sul profilo di rischio del cliente, integrando i dati personali con le migliori pratiche di investimento per valutare se l’investimento è suitable.
I robo advisor, da una parte, acquisiscono il profilo dell’investitore e, dall’altra, tramite gli algoritmi devono restituire raccomandazioni e piani di investimento personalizzati, nell’ambito di una sofisticata attività di bilanciamento e riallineamento del portafoglio. Il problema, allora, si sposta sulla tecnologia utilizzata e sul livello di personalizzazione che l’algoritmo riesce a raggiungere attraverso la qualità con cui si elaborano le informazioni ricevute dall’utente in modo da strutturare una raccomandazione in grado di “fittare” al meglio sul profilo dell’investitore. Per altro verso, l’utilizzo di automated tools non elimina, nella robo advice, la caratteristica della personalizzazione, in quanto l’attività di consulenza automatizzata è soggetta alle stesse regole previste per la consulenza tradizionale.
In presenza di raccomandazioni prive di tale requisito ci troviamo di fronte ad una raccomandazione generale di investimento e non al servizio riservato di consulenza finanziaria under MiFID.
Inoltre potrebbe sembrare che l’accezione “raccomandazione personalizzata” si basi su una relazione di stampo individualistico, dove l’investitore può interfacciarsi solo con un consulente-persona e non con un consulente-robot. Ma anche questa idea non può essere condivisa. Infatti, con l’avvento dei robo advisor, avviene un cambio di paradigma dove non è più strettamente necessario che l’interazione avvenga esclusivamente tra individui ma questa ben può intervenire tra individuo e macchina, o meglio tra individuo e algoritmo. Da ciò deriva che la personalizzazione della raccomandazione non può essere inficiata per il solo fatto di essere prestata da un sistema automatizzato di Intelligenza Artificiale (AI).
Ed è appena il caso di sottolineare, al riguardo, che sono da considerarsi “sistemi automatizzati di AI” quelli “progettati per funzionare con livelli di autonomia variabili e che possono presentare adattabilità dopo la diffusione e che, per obiettivi espliciti o impliciti, deducono dall’input che ricevono come generare output quali previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”(11).
Michael Kitces (12) e Bill Winterberg (13) hanno svolto un lavoro pionieristico nella formalizzazione e nello sviluppo dei diversi modelli di robo advice. Il primo ha contribuito a delineare una tipologia formale, suddividendo il settore in categorie e il secondo si è focalizzato sull’evoluzione dei processi tecnologici. Nella prassi si evidenziano diversi modelli, dove, nella forma più semplice, il robo advisor determina una lista di prodotti e portafogli di investimento e presenta all’investitore l’opzione più adatta alla luce delle informazioni ottenute. Nelle forme più sofisticate si sviluppa un profilo per ogni investitore basato sulle informazioni raccolte e, sulla base di tale profilo, la raccomandazione viene individualizzata e targettizzata in accordo ad un determinato programma di investimento. Queste differenze, anche se dai contorni non sempre netti, sono importanti per inquadrare il fenomeno della consulenza algoritmica e, anzi, può, da ultimo, osservarsi che il potenziale tecnologico della consulenza automatizzata può fornire soluzioni di investimento più efficaci con la possibilità di avere non solo personalizzazione ma anche una personalizzazione dinamica. Tutto questo, grazie ad algoritmi che non seguono modelli statici ma che si adattano continuamente ai cambiamenti esogeni ed endogeni contrastando l’effetto della standardizzazione. A questo proposito, alcuni autori (14), evidenziano la possibilità che attraverso i robo advisor l’esperienza e il portafoglio del cliente risultino migliori. Per questo, è imprescindibile che la tecnica di elaborazione dei dati sia in grado di personalizzare la raccomandazione di investimento. Inoltre, diversi studi (15) hanno esplorato le tecniche di profilazione avanzata e l’uso dei big data per migliorare la targetizzazione e la personalizzazione nei robo advisors, contribuendo a formalizzare la best practice, delineando come l’uso di algoritmi di machine learning e AI può migliorare la personalizzazione dei portafogli.
Presidi informativi e organizzativi
L’uso di algoritmi nella consulenza finanziaria solleva diverse questioni giuridiche sulla trasparenza degli algoritmi e sull’informativa al cliente, in quanto la loro complessità li rende opachi per la mancanza di informazioni sugli input e sui processi decisionali. Gli algoritmi possono involontariamente incorporare bias nei loro modelli decisionali, basandosi su dati storici che riflettono pregiudizi sistemici o dati superati. Questo può portare a decisioni discriminatorie, sollevando questioni legali relative all’equità e alla parità di trattamento dove stabilire chi è responsabile per l’errore è complesso in quanto le normative esistenti possono non essere sufficienti per affrontare situazioni in cui gli algoritmi causano perdite finanziarie ai clienti.
Tuttavia, il tema che maggiormente preoccupa le autorità di vigilanza e gli intermediari che prestano consulenza automatizzata è quello dei presidi di tutela informativa da rendere agli investitori anche in assenza di interazione umana e delle misure organizzative di gestione dell’algoritmo. La trasparenza informativa è un concetto cardine della MiFID e, nel quadro della robo advice, c’è necessità di imporre trasparenza non solo sul fatto che l’intervento umano è limitato se non del tutto assente, ma anche in riferimento all’algoritmo, alla sua struttura e finalità e al suo funzionamento.
Le principali domande per dare concretezza alla questione sono almeno le seguenti:
Le questioni sono di carattere generale e suscitano sviluppi molto rilevanti che certamente non possono essere risolti in termini esaustivi in questa sede.
Non sembra, tuttavia, dubbio che l’intermediario anche sulla base dei principi di correttezza che governano il settore dei servizi di investimento (e di quelli stabiliti dal GPRD in tema di trattamenti automatizzati) debba informare l’investitore sulla natura del servizio prestato e sulla circostanza che la consulenza è posta in essere con tecniche algoritmiche e quale sia l’esatta estensione dell’intervento umano (16).
Più opinabile, come è stato osservato in dottrina (17), e se l’intermediario debba dare piena disclosure sui contenuti specifici e sul concreto funzionamento dell’algoritmo tanto agli investitori quanto alle autorità di vigilanza o se invece l’algoritmo non debba essere attratto nella cornice organizzativa dell’intermediario secondo una tendenza generale oramai invalsa dopo MiFID.
Qui le scarse competenze informatiche dell’investitore medio e i diritti di privativa dei segreti industriali sembrano costituire un limite invalicabile per una piena disclosure sulla struttura e il funzionamento tecnico dell’algoritmo. Da qui l’esigenza di considerare l’algoritmo alla base della consulenza automatizzata in una chiave precipuamente organizzativa (algo-governance) come, oramai, espressamente richiesto dall’Esma, la quale impone agli intermediari, con il concorso delle loro funzioni aziendali di controllo e di governance, di disporre e apprestare politiche e procedure che consentano di individuare il design, la struttura e la portata degli algoritmi utilizzati e le misure di manutenzione, revisione e implementazione degli stessi (18).
Che il profilo preminente sia quello organizzativo emerge altresì dalla circostanza che, quando sono utilizzati strumenti automatizzati (compresi quelli ibridi), gli intermediari devono garantire che il personale coinvolto abbia una conoscenza adeguata della tecnologia e degli algoritmi utilizzati per fornire consulenza digitale (in particolare che sia in grado di comprendere la logica, i rischi e le norme alla base degli algoritmi su cui si fonda la consulenza digitale) (19).
In un contesto di robo advisory, il concetto di algo governance prevale su quello di algo disclosure perché la trasparenza e la divulgazione delle informazioni sugli algoritmi sono importanti per costruire fiducia e fornire ai clienti una comprensione del servizio che utilizzano, ma la governance degli algoritmi è fondamentale per garantire che questi funzionino in modo sicuro, affidabile e conforme alle normative al fine di proteggere i clienti e garantire trasparenza ed equità nei processi decisionali (20). Senza una solida governance, la semplice divulgazione delle informazioni non appare decisiva per proteggere sostanzialmente gli investitori e per garantire la sostenibilità a lungo termine del servizio di robo advisory. L’elemento di focus – conviene ribadirlo – diventa l’algo governance in una prospettiva che vira verso la prevenzione, dove la diretta supervisione sugli algoritmi di matrice interna avviene con l’introduzione di nuovi standard di accountability. La prevenzione opera, dalla fase di design per tutto il ciclo di vita degli algoritmi, attraverso una costante verifica della persistente robustezza e funzionalità dell’algoritmo. Questa prospettiva accende un processo di reskilling per il personale dell’intermediario e per i supervisori esterni anche in termini di nuove professionalità.
Le Guidelines dell’Esma risolvono le tematiche di vigilanza sugli algoritmi pur pagando un prezzo in termini di opacità verso i clienti, che non hanno consapevolezza in ordine all’uso dell’automazione e al funzionamento specifico degli algoritmi. La governance algoritmica, tuttavia, a differenza della disclosure, permette di minimizzare il rischio di errori che potrebbero avere conseguenze finanziarie significative per i clienti costruendo un quadro di controllo che tutela gli interessi degli investitori. Se implementato in maniera corretta, il sistema di governance dell’algoritmo alla base della consulenza digitale aumenta la fiducia degli investitori migliorando la reputazione e la credibilità dell’istituzione finanziaria anche colmando la mancanza di una disclosure piena (21).
Quanto infine all’ulteriore interrogativo del soggetto responsabile per l’applicazione delle regole di condotta nella prestazione della consulenza algoritmica, al di là degli approfondimenti che il quesito meriterebbe, basti qui osservare come sia espressamente sancito il principio che la responsabilità di eseguire la valutazione di adeguatezza compete all’impresa di investimento che presta il servizio e non può risultare attenuata dal fatto che il servizio venga prestato attraverso sistemi elettronici automatizzati (art. 54, co. 1, 2° alinea, Reg. Delegato UE 2017/565) (22). Principio che sembra avere una portata generale che va oltre la regola di adeguatezza.
Prospettive
La robo advice ha segnato un punto di svolta significativo nel panorama finanziario internazionale ed italiano e, nonostante il suo lento avvio, ha trovato spazio nel mercato grazie a un crescente interesse degli investitori verso soluzioni tecnologiche innovative e alla convenienza economica offerta dalle piattaforme (23). La personalizzazione dei servizi è emersa come una componente chiave per aderire in maniera puntuale alla regolamentazione MiFID permettendo agli utenti di ricevere consigli finanziari su misura attraverso algoritmi avanzati che analizzano una vasta gamma di dati personali e di mercato. Tuttavia, uno dei principali aspetti emersi riguarda il predominio della governance dell’algoritmo sull’algoritmo disclosure. In altre parole, la trasparenza e la comprensione dei meccanismi algoritmici da parte degli utenti spesso restano in secondo piano rispetto al presidio e alla supervisione di questi algoritmi da parte degli enti regolatori e delle piattaforme stesse. Questo ha sollevato questioni importanti sulla fiducia e sulla responsabilità, sottolineando la necessità di un equilibrio tra innovazione tecnologica e protezione degli investitori.
La regolamentazione MIFID rappresenta un punto fermo per garantire che queste tecnologie siano utilizzate in modo responsabile e a vantaggio e tutela degli investitori. Dal punto di vista economico-monetario, il robo advice può migliorare l’efficienza allocativa, facilitando l’accesso al mercato dei capitali per gli investitori. Per sfruttare appieno questi benefici, è fondamentale che vi sia un solido quadro normativo che garantisca la trasparenza, la responsabilità e la sicurezza. In un contesto di tassi di interesse bassi e liquidità abbondante, il ruolo della consulenza automatizzata potrebbe espandersi ulteriormente, contribuendo ad una maggiore diversificazione degli investimenti, alla crescita del mercato dei capitali e alla stabilità del sistema finanziario limitando il rischio sistemico. La robo advice rappresenta un punto di forza nel settore finanziario italiano, ma il suo successo a lungo termine dipenderà dalla capacità di bilanciare personalizzazione, automazione, trasparenza, organizzazione e normativa grazie al lavoro delle istituzioni finanziarie e dei regolatori per garantire che l’adozione di queste tecnologie avvenga in un contesto di fiducia e sicurezza per tutti gli utenti.
1. Cfr. Linee Guida Esma del 3 aprile 2023 in materia di adeguatezza (definizioni). Nella prassi si distingue il pure robo advisor prevalentemente digitale, in cui l’utente finale è l’investitore; l’ibrido, in cui al canale digitale si affianca quello umano; il robo for advisor a disposizione del personale dell’intermediario, in cui l’utente finale è il private banker /consulente. Per questa tassonomia, cfr. Consob, La digitalizzazione della consulenza in materia di investimenti, in Quaderno FinTech n. 3/2019, p. 7 ss. In questa sede si farà riferimento soltanto alle prime due tipologie di robo advice, rientrando tra i mezzi di organizzazione dell’impresa di investimento (art. 2082 c.c.) il robo for advisor che supporta esclusivamente l’attività del personale dell’intermediario senza interagire direttamente con l’investitore
2. Statista, “Assets under management of robo-advisors worldwide from 2019 to 2028”, in statista.com (ottobre 2024).
3. PwC. “Sink or Swim: Why Wealth Management Can’t Afford to Miss the Digital Wave”, 2017; v. anche “RoboAdvisors 3.0: How Prepared Are Wealth Management Firms?”, 2019.
4. Deloitte, “The Impact of COVID-19 on the Global Wealth Management Industry”, 2022.
5. Banca d’Italia, “Survey on Household Income and Wealth”, 2021.
6. ABI, “Il Mercato del Robo-Advisory in Italia: Crescita e Prospettive”, 2023.
7. SEC, Guidance Update Robo-advisers, n. 2017-2.
8. Esma, Linee Guida Esma del 3 aprile 2023 in materia di adeguatezza, cit., orientamenti n. 17, 32, 52, 90,108.
9. CONSOB. “Report on Financial Investments of Italian Households”, 2020.
10. McKinsey & Company, “The Digital Future of Wealth Management”, 2020.
11. Art. 3 del Reg. UE 2024/1689 del 13 giugno 2025 in materia di Intelligenza Artificiale.
12. Kitches “M., Robo – Advisors vs. Human Financial Advisors: The Coming Battle for Business?, Nerd’s Eye View Blog”, 2014.
13. Winterberg B., “Robo – Advisors: The Automation of Investing in the Financial Planning Industry”, FPPad, 2015.
14. Dietzmann C., Alt R. and Jaeggi T., “Implications of AI-based robo-advisory for private banking investment advisory”, Vol. 2, 2023, pp. 3 – 23.
15. Deloitte, “The Rise of Robo – Advisors: Changing the Concept of Wealth Management”, 2016.
16. Linee Guida Esma del 3 aprile 2023 in materia di adeguatezza, orientamento 17.
17. de Mari M., “Diritto delle imprese e dei servizi di investimento”, Milano, 2024, p. 138 ss.
18. Linee Guida Esma del 3 aprile 2023 in materia di adeguatezza, orientamento 90; il punto è confermato dall’Esma, Dichiarazione pubblica sull’uso dell’intelligenza artificiale (AI) nella fornitura di servizi di investimento al dettaglio, 30 maggio 2024; v. anche M.T. Paracampo, FinTech tra algoritmi, trasparenza e algo-governance, in Dir. banc. merc. finanz., fasc. n. 2/2019, p. 220 ss.
19. Linee Guida Esma del 3 aprile 2023 in materia di adeguatezza, orientamento 108.
20. Puschmann T., “FinTech and RegTech: Impact on Regulators and Banks”, in Journal of Economics and Business, Vol. 100, 2018, pp. 7-25.
21. Johnson B., “Algorithmic Trading and DMA: An introduction to direct access trading strategies”, 4Myeloma Press, 2010.
22. de Mari M., “Diritto delle imprese e dei servizi di investimento”, cit., p. 141.
23. M. Caratelli, C. Giannotti, N. linciano, P. Soccorso, “Valore della consulenza finanziaria e robo advice nella percezione degli investitori. Evidenze da un’analisi quantitativa”, in Quaderni FinTech Consob n. 6 – dicembre 2019, passim.
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