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Negli ultimi anni i social media hanno acquisito un sempre maggior peso e rilevanza nei mercati finanziari diventando un sempre più ingombrante strumento di informazione finanziaria, soprattutto per le generazioni italiane (e non solo) più giovani. Come emerge dal Rapporto 2024 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane della CONSOB, il 36% degli investitori italiani si informa sui social media per raccogliere informazioni sull’economia, la finanza e le opportunità di investimento. Inoltre, tra gli investitori che si informano sui social media, la maggior parte di questi sarebbero investitori con minore ricchezza finanziaria, giovani e persone con un basso livello di educazione finanziaria. L’uso dei social media da parte dei giovani come canale di informazione finanziaria sembrerebbe essere una costante anche al di fuori dei confini italiani [cfr. S. ESPEUTE – R. PREECE, The Finfluencer Appeal: Investing ìin the Age of Social Media, CFA Institute Research and Policy Center, 2024].

In un simile contesto l’informazione finanziaria viene veicolata dai c.d. “finfluencer”, ossia quegli influencer che, attraverso i social media, sono in grado di incidere, più o meno profondamente, sulle decisioni di investimento dei propri follower [sul tema, ex multis, cfr. S.S. GUAN, The rise of the finfluencer, in N. Y. Univ. J. Law Bus., vol. 19, 2023, 489 ss., A. CANEPA, Social media e fin-influencers come nuove fonti di vulnerabilità digitale nell’ assunzione delle decisioni di investimento, in Riv. trim. dir. econ., suppl. 1, 2022, 307 ss.].

Il fatto in sé non rappresenterebbe necessariamente un problema se non fosse che i finfluencer frequentemente sono privi di adeguate competenze e conoscenze e, alle volte, legati contrattualmente a piattaforme di trading o altri intermediari finanziari. Inoltre, i loro pubblico è, come sopra evidenziato, costituito da soggetti maggiormente vulnerabili e non sempre in grado di valutare la competenza dell’influencer di riferimento.

Da uno studio pubblicato dallo Swiss Finance Institute [N. SCHÜRHOFF – A. KAKHBOD – S. M. KAZEMPOUR – D. LIVDAN, Finfluencers, Swiss Finance Institute Research Paper No. 23-30, 2023] emerge come, utilizzando i dati relativi a 29.000 finfluencer operanti su Stocktwits (social media pensato per la condivisione di idee tra investitori, trader e imprenditori), il 28% dei finfluencer possa essere classificato come skilled, il 16% unskilled e il 56% antiskilled. In particolare, mentre i primi, secondo l’analisi dell’indicatore alpha (semplificando, si tratta del coefficiente che misura il ritorno economico su un investimento rispetto all’andamento dell’indice di riferimento sul mercato [cfr. F. BARILLAS – J. SHANKEN, Which Alpha?, in The Review of Financial Studies, Vol. 30, No. 4, 2017, 1316 ss.]) suggerivano investimenti in grado di generare risultati finanziari positivi, i secondi proponevano investimenti sostanzialmente neutri, i terzi distruggevano ricchezza producendo rendimenti finanziari negativi. In sintesi, si può affermare che l’impatto di questi soggetti sul mercato finanziario sia complessivamente negativo. Si tratta di un campione, certamente non localizzato in Italia, che, per quanto consistente, non necessariamente è rappresentativo a livello generale ma allo stesso tempo deve mettere in guardia l’investitore dal fidarsi di soggetti non in grado di offrire sufficienti garanzie riguardo alla propria competenza. Un altro paradosso individuato dallo studio menzionato che, allo stesso tempo, rappresenta un significativo campanello d’allarme, consiste nel fatto che i finfluencer con più follower sono quelli appartenenti alla categoria degli unskilled e antiskilled. Ciò probabilmente poiché i finfluencer appartenenti a queste categorie tendono frequentemente a creare aspettative di rendimento maggiori rispetto alla categoria degli skilled. Più che la competenza, sostanzialmente, sarebbero le strategie di comunicazione a determinare la popolarità del finfluencer.

Ciò premesso, occorre cercare di inquadrare in termini giuridici le condotte dei finfluencer, per capire come fronteggiare quelle eventualmente dannose per il mercato e per gli investitori.

Innanzitutto, occorre domandarsi se la condotta dei finfluencer possa integrare la prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, che, come noto, costituisce attività riservata e se, di conseguenza, a un finfluencer, a meno che non sia iscritto all’albo dei consulenti finanziari tenuto dall’OCF, sia vietato svolgerla senza incorrere nel reato di abusivismo di cui all’art. 166 TUF.

La prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti consiste nell’attività, svolta in modo non occasionale, di rendere raccomandazioni di investimento personalizzate riferibili a operazioni su strumenti finanziari [R. GHETTI, La consulenza finanziaria tra promozione dell’impresa e protezione del risparmio, Milano, 2022]. Quanto ai mezzi di comunicazione, occorre osservare che il fatto che una raccomandazione sia rivolta a un ampio pubblico di per sé non esclude che sia stato prestato un servizio di consulenza in materia di investimenti se, tenendo conto del target, del contenuto e del linguaggio utilizzato nella comunicazione, risulta che questa sia presentata come personalizzata e adatta per un determinata persona o gruppo di persone. Di conseguenza, è astrattamente possibile configurare come consulenza la comunicazione di raccomandazioni attraverso siti web, e-mail e social media.

Come espressamente previsto dal briefing dell’ESMA relativo alla definizione del servizio di consulenza in materia di investimenti [cfr. ESMA, Supervisory briefing on understanding the definition of advice under MiFID II, 2023] in uno dei casi pratici espressamente analizzati nel documento, le raccomandazioni in materia di investimenti offerti da un finfluencer possono effettivamente configurare consulenza se rivolte a uno specifico follower (o gruppo) e riferite a operazioni su strumenti finanziari, personalizzate e presentate come adeguate. Nel caso di specie la prestazione di consulenza viene ipotizzata in virtù della risposta che il finfluencer dà a un proprio follower in occasione di una sessione social di Q&A. Diversamente, qualora il finfluencer si limiti a discutere di opportunità di investimento sui propri canali social senza, tuttavia, esprimere raccomandazioni personalizzate e limitandosi ad analizzare il mercato finanziario e i possibili investimenti, ciò non integrerà una consulenza.

Il perimetro di applicazione della riserva di attività alla luce di quanto detto apparirebbe alquanto ristretto; infatti, la maggior parte delle condotte del finfluencer non comporterebbero alcuna violazione della riserva di attività. Se da una parte ciò potrebbe rappresentare un rischio per il mercato, in quanto permetterebbe a dei fininfluencer probabilmente inesperti e privi delle necessarie competenze di divulgare tramite social media informazioni in materia di mercati e investimenti finanziari senza alcun controllo con il rischio che vengano diffusi consigli e informazioni non corrette o false, d’altra parte l’ordinamento non è del tutto privo di mezzi di tutela.

La divulgazione in rete di raccomandazioni di investimento, per quanto non integranti consulenza finanziaria, deve comunque rispettare i requisiti fissati dalla disciplina dettata dal regolamento (UE) 2014/596 (c.d. “MAR”) [cfr. ESMA Requirements when posting investments recommendations on social media, 2024]. Nel divulgare, in modo diretto o indiretto, consigli e suggerimenti sui social su come comporre un portafogli di strumenti finanziari o su quali strumenti acquistare, infatti, trasparenza e accuratezza sono fondamentali al fine di evitare che tali condotte possano costituire manipolazione del mercato, abuso o diffusione illecita di informazioni privilegiate.

Chiunque diffonda delle raccomandazioni di investimento dovrà: (i) identificarsi e indicare la data e ora della raccomandazione; (ii) presentare in modo obiettivo e corretto la raccomandazione; e (iii) rendere nota l’esistenza di eventuali conflitti di interessi. Inoltre, ai soggetti definiti esperti o professionisti ai sensi del MAR, sarà richiesto di fornire ulteriori informazioni circa la natura della raccomandazione, i rischi e il possesso di posizioni lunghe o corte assunte sul capitale dell’emittente interessato dalla raccomandazione da parte dell’autore della stessa.

Tale disciplina, tuttavia, sconta il fatto di essere stata pensata per analisti finanziari e altri soggetti professionali e non certo per i finfluencer – che astrattamente potrebbero rientrare nella definizione di esperti – soprattutto in relazione al regime delle esenzioni (si veda il criterio di proporzionalità della disclosure richiesto dall’art. 4, par. 2, Regolamento delegato (UE) 2016/958).

Una simile situazione potrebbe potenzialmente offrire dei vuoti di tutela e appare perciò opportuno un intervento normativo volto a colmare tali lacune, ad esempio, prevedendo un regime di disclosure ad hoc o attribuendo ai gestori delle piattaforme social dei doveri di controllo e intervento [cfr. G. SANDRELLI, Regole per il gioco: l’investimento retail tra algoritmi e gamification, Atti del Convegno, XV Convegno nazionale di Orizzonti del Diritto Commerciale, 23-24 febbraio 2024].

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