Il presente contributo, dopo aver illustrato brevemente il fenomeno del greenwashing, riepiloga le ultime novità regolamentari in tema di finanza sostenibile. In particolare, si tenta di elaborare una nuova immagine della consulenza non solo come strumento utile al contrasto del greenwashing stesso ma anche come momento fondamentale dell’educazione finanziaria.
Il greenwashing
Il crescente interesse per la sostenibilità ambientale che sta caratterizzando gli ultimi decenni sta connotando anche le scelte economiche dei grandi e piccoli investitori. Basti pensare a come recentemente ci si riferisca alla c.d. finanza sostenibile (o finanche di finanza green), in grado cioè di allocare le risorse verso investimenti sostenibili e quindi di integrare i c.d. fattori ESG (Environmental, Social e Governance) nelle operazioni finanziarie. Al fine di dare qualche riferimento concreto al tema, appare opportuno richiamare il report della Global Sustainable Investment Alliance (GSIA) relativo al 2020, per cui dal 2016 al 2020 gli investimenti effettuati nel mondo in nome della sostenibilità sono aumentati da 22.800 miliardi a 35.300 miliardi di dollari, con una crescita pari al 55%. Il dato è eloquente.
Tuttavia, si è altresì constatato come nel far fronte alla domanda da parte dei consumatori e degli investitori di prodotti e strumenti finanziari che rispecchino quella prerogativa di sostenibilità ambientale si sia diffuso il fenomeno c.d. del greenwashing. Gli intermediari, infatti, sovente presentano false o esagerate dichiarazioni di sostenibilità col fine ultimo di attirare quanti più investitori possibili. Secondo un report della Commissione europea, più della metà delle affermazioni ecologiche, utilizzate nelle campagne pubblicitarie, non sono verificabili o sono ingannevoli (Impact assessment report, del 30.3.2022). Se da un lato la pubblicità scorretta e la diffusione di informazioni non veritiere risulterebbero già sanzionate con gli ordinari rimedi posti a tutela della trasparenza, l’Unione Europea si è dimostrata particolarmente ricettiva alle problematiche nascenti da false informazioni nelle tematiche più green.
Il greenwashing, infatti, non solo danneggia gli investitori, ma compromette anche la fiducia nelle pratiche aziendali, creando un effetto negativo sull’intero ecosistema della sostenibilità. Il confine tra promozione legittima e dichiarazioni ingannevoli è spesso labile, sicché si rivela imperativo un controllo accurato delle affermazioni di sostenibilità. Da questa esigenza emerge chiaramente il ruolo centrale che assume la consulenza e in particolare l’offerta fuori sede, come strategia preventiva, soprattutto nel contesto di consulenze specializzate e iniziative di trasparenza.
Regole di vigilanza e la normativa europea
Di fronte alla domanda sempre maggiore di strumenti finanziari rispettosi delle esigenze di sostenibilità da un lato e al dilagare di informazioni imprecise e fuorvianti dall’altro, negli ultimi anni, le autorità di regolamentazione, come la CONSOB e la Commissione europea, hanno intensificato i controlli sulle pratiche di greenwashing, introducendo regole più severe per le comunicazioni in tema di sostenibilità. In particolare, nel primo semestre del 2024 le Autorità di Vigilanza europee hanno pubblicato significativi interventi in tema di greenwashing. Basti citare il Final Report, Greenwashing monitoring and supervision dell’EBA, nonché il Final Report, Guidelines on fund’s name using ESG or sustainability-related terms dell’ESMA.
Insieme all’EIOPA (quest’ultima in tema assicurativo) le autorità di vigilanza europee hanno elaborato una definizione comune del greenwashing, secondo cui il fenomeno si verifica quando “affermazioni o azioni relative alla sostenibilità non riflettono in modo chiaro e coerente il profilo di sostenibilità di un’entità (società, istituzione), prodotto o servizio finanziario”. Secondo le autorità, un primo elemento necessario per poter affrontarne i relativi rischi è un approccio globale che implica, in un’ottica di interoperabilità, una stretta cooperazione tra i supervisori finanziari e la creazione di standard uniformi che permettono alle aziende, agli investitori, ai regolatori e altri stakeholder di reperire e confrontare facilmente le informazioni riguardanti le pratiche di sostenibilità. In particolare, l’ESMA ha invitato la Commissione europea ad adeguare le normative europee, con espresso riferimento al Regolamento sugli indici di riferimento. Si prospetta infatti di indicare tra i requisiti obbligatori “informazioni chiare, corrette e non fuorvianti”, nonché di prevedere una più accorta supervisione degli indici di riferimento ESG.
In questa sede appare opportuno in ultima analisi citare anche il recente parere elaborato dall’ESMA il 24 luglio u.s. in tema di investimento sostenibili (Sustainable investments: facilitating the investors journey. A holistic vision for the log term). Tra le proposte più significative vi è proprio quella di elaborare una definizione univoca di investimenti di transizione nonché di divulgare informazioni di base sulla sostenibilità di tutti i prodotti finanziari. Abbattere, dunque, le asimmetrie informative e divulgare informazioni precise e corrette si rivela ancora una volta il binomio inscindibile per la salvaguardia del mercato e la tutela degli investitori.
La trasparenza come fattore chiave
Alla luce del quadro regolamentare descritto, la trasparenza delle informazioni appare essere il fattore chiave per la mitigazione del rischio greenwashing.
Sul punto, la consulenza si presenta come un valido supporto in questo contesto, aiutando gli investitori a navigare tra le offerte di strumenti e prodotti finanziari nel modo più efficace e trasparente possibile. È stata, infatti, registrata una domanda sempre più forte di prodotti finanziari che rispondano alle esigenze di sostenibilità degli investitori, sicché una comunicazione fondata su modelli trasparenti e accurati diventa sempre più un imperativo categorico. In questo modo, gli intermediari potranno evitare sanzioni e contenziosi, mentre i consumatori e gli investitori possono fare scelte informate basate su dati concreti. Sul punto l’attività della CONSOB è capillare. Il 24 luglio u.s. l’autorità italiana ha pubblicato il Richiamo di attenzione n. 1/24 con cui ha posto particolare rilevanza all’obbligo degli intermediari che prestano consulenza di rispettare il Regolamento Disclosure e in particolare di fornire un’informativa chiara e corretta anche ai sensi del regolamento MIFID II. Ma non solo. È stato infatti divulgato anche il report “Mirroring 2024″, con cui si è evidenziata l’importanza della trasparenza e dell’accuratezza delle informazioni fornite degli intermediari nell’ambito dell’offerta di strumenti e prodotti finanziari. Il report sottolinea in particolare un nuovo ruolo del consulente nel più ampio contesto dell’educazione finanziaria.
Una maggiore consapevolezza e conoscenza dei prodotti finanziari green da parte dell’investitore costituisce infatti una condizione necessaria per la stabile crescita del mercato. Ciò in quanto le pratiche di greenwashing possono produrre un impatto negativo non solo sulla reputazione degli intermediari stessi, ma anche sulla fiducia dei mercati. La crescente richiesta di trasparenza da parte dei consumatori e degli investitori dovrebbe quindi tradursi in una compliance sempre più efficace da parte degli intermediari finanziari nel migliorare le loro pratiche di comunicazione.
Conclusioni
In un contesto in cui la sostenibilità sta diventando un fattore trainante il mercato finanziario e la forte attenzione a livello europeo per la sostenibilità ha posto primaria attenzione sulla prevenzione al greenwashing, appare doveroso in questa sede ripensare il ruolo che può assumere la consulenza e in particolare l’offerta fuori sede. È agevole constatare che proprio la consulenza può costituire un’area critica dove la trasparenza e l’accuratezza devono essere garantite per evitare rischi derivanti da informazioni inesatte e proteggere la fiducia dei consumatori e degli investitori, nonché la credibilità del mercato stesso.
Alla luce quindi dei profondi cambiamenti che l’economia sta attraversando e delle numerose iniziative legislative e di soft-law, i consulenti finanziari si ritrovano a dover essere ancora più cauti nel promuovere i propri prodotti finanziari come diretti a sostenere operazioni sostenibili. Appare infatti chiaro che, parallelamente agli obblighi di conoscere le caratteristiche ed i bisogni della clientela (c.d. know your client) e di conoscere i prodotti offerti alla clientela stessa (c.d. know your product), i consulenti, in particolare quelli abilitati all’offerta fuori sede, dovranno adempiere a una serie di obblighi specifici in tema ESG senza precedenti. In attesa, dunque, delle prossime misure che saranno adottate in ambito domestico e internazionale, i consulenti finanziari di oggi devono dimostrare una acuta resilienza di fronte alle innovazioni e ai cambiamenti del mercato, consapevoli del ruolo fondamentale nel formare gli investitori di domani.
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